2009-04-28

Scrivere per le aziende: le parole e la grafica

Il ruolo delle immagini nella comunicazione d'impresa

Avviso ai viaggiatori
"Chiunque accerti la presenza di inconvenienti derivanti da calamità naturali o da nubi tossiche, o da fughe di gas, o da presenza di ordigni, o rilevi un'alterazione del normale assetto di viaggio di un veicolo in transito o in sosta, o rilevi la presenza di un incendio nel piazzale, al materiale rotabile o ai fabbricati, o ai depositi, dovrà darne immediatamente comunicazione ai numeri telefonici..."

Boom!
E' meglio che qualcuno lo dica a Trenitalia: questo cartello non salverà mai una vita. Dobbiamo solo sperare che non ci sia mai "un inconveniente" derivante da bombe, fughe di gas e altre calamità, perchè prima che le persone arrivino a capire cosa fare, leggere il numero di telefono e attivare le procedure d'emergenza, saranno già tutte morte.

Parole e immagini, unite nella lotta
Si contrappongono spesso le parole con le immagini. In pubblicità, chi ha il compito di scrivere, di solito ha un furore iconoclasta nei confronti delle immagini, forse perchè stanco di sentirsi ripetere da grafici e fotografi, che "un'immagine vale più di 1.000 parole". Questi ultimi, a loro volta, pensano spesso che con le immagini si possa fare tutto; il ruolo delle parole è limitato a puro contorno, del tutto inutile. Il risultato, spesso, è un irrigidirsi che impedisce di usare pienamente e quando serve, tutta la potenza evocativa sia delle parole, sia delle immagini. Nel caso di Trenitalia, ad esempio, quell’inutile effluvio di parole (scritte in linguaggio burocratico e militaresco stile fine ‘800) può essere tranquillamente sostituito da un simbolo che indica un pericolo e una cornetta del telefono con il numero da chiamare ben visibile.

Giudizi universali
Le immagini sono potenti; hanno una forza evocativa straordinaria. Nel 1025 il Sinodo di Arras stabilì che "ciò che la gente semplice non può imparare leggendo le Scritture, lo può apprendere guardando le figure". Le immagini sono state così importanti per il Cristianesimo tanto da costringerlo a contraddire anche il comandamento che vietava a Mosè l’esecuzione di “immagini scolpite di ogni genere”. Per capire quanto siano state importanti per la Chiesa, consigliamo una visita alla Cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto. Basta fermarsi davanti al Giudizio Universale di Luca Signorelli e osservare i diavoli scendere sulla Terra per portarsi via gli uomini, per capire che anche se non si è letta neanche una parola della Bibbia, è preferibile andare in Paradiso invece che all'Inferno. Si racconta anche (ma forse è una leggenda) che la Cina decise nel 1917 di entrare in guerra, dopo che era stata diffusa l'immagine di soldati tedeschi che portavano cadaveri alle fabbriche per per farne olio e sapone. In Cina il culto dei morti è sacro. La foto era frutto di un fotomontaggio inglese.

Less is more
Può sembrare strano questo elogio delle immagini, fatto da chi (noi) si procura il pane scrivendo parole. In realtà non possiamo fare a meno di riconoscere il ruolo che le immagini svolgono, e far fare alle "nostre" parole un passo indietro, quando non servono. Proprio per questo, ci auguriamo che si eviti quello che abbiamo detto scrivendo in un precedente articolo scrivendo delle “parole inutili”; cioè una specie di de-sensibilizzazione delle persone nei confronti dell’immagine pubblicitaria che è sovrabbondante, molte volte fuori luogo, quasi sempre ossessiva.
Le parole e le immagini realmente efficaci, invece, vivono di essenzialità. Raymond Carver, grande scrittore americano di racconti brevi, diceva che non tagliava i suoi racconti fino all'osso, ma "fino al midollo". Diceva di togliere tutte le parole inutili, fino a quando togliendo solo un'altra parola, il racconto perdeva senso: quello era il momento di fermarsi. Anche per la grafica bisognerebbe arrivare al midollo: togliere, togliere, finchè non resta niente, se non l'indispensabile. Bisognerebbe smettere di pensare che le immagini siano tutto: è vero, che quando le persone guardano un annuncio partono sempre dall'immagine e poi vanno al titolo.
Ma se non c'è coerenza tra l'immagine e il titolo, è tutto tempo perso. Leo Burnett, che di pubblicità ne sapeva qualcosa, scrisse: "Posso benissimo attirare l'attenzione mettendo qui un uomo che scende dalla scale con un calzino in bocca. Ma è un annucio del cavolo, a meno che il calzino non sia assolutamente rilevante".

Un'ecologia della comunicazione
Ci piace collaborare con art director, grafici e web designer che sposano questo principio: che non invadono lo spazio del lettore, sanno quando fare un passo indietro e quando convicerci che dobbiamo farlo noi. Pensiamo che possiamo tracciare insieme a loro una strada comune, perchè man mano che la comunicazione aumenta il suo spazio di influenza sulle persone e sulla società, c'è bisogno di pensare ad una nuova "ecologia" delle parole e delle immagini. Se ci preoccupiamo sempre più di rispettare l'ambiente fisico in cui viviamo, dobbiamo aumentare di pari passo la consapevolezza dell'importanza dell'ambiente "mediale" in cui viviamo. Di questo, la comunicazione d'impresa e la pubblicità occupano uno spazio importante. Non possiamo farvi un elenco di cosa ci piace o non ci piace. Ezra Pound, poeta, diceva che “una fondamentale accuratezza di espressione è il primo principio morale della scrittura". Ognuno è libero di interpretare questa frase nel modo che preferisce: c'è chi è ossessionato dagli errori ortografici, chi dalla brevità dei testi, chi non usa più di un aggettivo per frase. Non sappiamo se esiste una citazione del genere riferita alle immagini, ma ci piacerebbe che tornassero ad avere un loro "principio morale" e una loro "fondamentale accuratezza di espressione".
E se proprio dobbiamo esprimere una preferenza, ci piacerebbe che le immagini avessero il dono della chiarezza, che da sempre "adorna i pensieri profondi".

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