Cosa accade quando i testi aziendali sono poco leggibili
Martedì scorso, entrando nella metropolitana di Napoli, abbiamo visto affisso ai muri un manifesto dell’Agenzia delle Entrate che consigliava ai cittadini di rivolgersi ad uno dei suoi 150 front office per avere assistenza gratuita sulla dichiarazione dei redditi. Per sapere gli indirizzi dei front office bastava telefonare al customer service del call center. Il pensiero ci è subito andato al Manuale di scrittura amministrativa che la stessa Agenzia si è premurata di pubblicare qualche anno fa per spingere gli uffici pubblici a scrivere in modo chiaro e accessibile a tutti i cittadini.
Buoni propositi
Citiamo direttamente dal manuale. “ A proposito dei neologismi e dei termini stranieri, la Guida alla redazione dei testi normativi suggerisce di ricorrere a neologismi “solo se essi sono entrati nell’uso corrente della lingua italiana. Negli altri casi, quando è comunque necessario per la precisione del testo ricorrere a neologismi, il testo medesimo ne fornisce la definizione rilevante per la sua applicazione”. Accanto a questo suggerimento ne troviamo un altro per i termini stranieri: “Sono evitati i termini stranieri, salvo che siano entrati nell’uso della lingua italiana e non abbiano sinonimi di uso corrente in tale lingua. La parola straniera assunta nella lingua italiana è usata esclusivamente al singolare, salvo i casi già entrati nell’uso.” Quindi, invece di front office, bastava semplicemente scrivere sportelli; invece di customer service, servizio clienti e invece di call center, centralino.
W l'Italia
In ragione di una tendenza tutta italiana a scrivere una buona teoria ed applicare una pessima pratica, il redattore di quel manifesto ha dimenticato tutti i buoni principi scritti nel Manuale. Così, una (buona) parte degli insonnoliti viaggiatori della Metro di Napoli è stata esclusa dalla possibilità di comprendere quel manifesto. Quello che ci chiediamo è: come ha fatto quel manifesto a superare tutti i controlli gerarchici della Pubblica Amministrazione italiana ed arrivare in tipografia senza che nessuno si sia chiesto se era comprensibile? Forse chi aveva il compito di controllare era ad un meeting? Oppure era al telefono per un briefing con il Chief Office? No, forse era a fare un coffee break.
Parole difficili
Molte delle persone che leggeranno questo articolo penseranno che forse stiamo esagerando e che front office, call center, meeting, coffee break ed altre espressioni straniere sono ormai entrate nell’uso consueto degli italiani. Purtoppo non è così, almeno non per tutti gli italiani. E siccome quando si scrive un testo non è possibile conoscere in modo preciso le conoscenze linguistiche dei destinatari, è utile usare dei "criteri scientifici" nella scrittura dei testi, anche se molte volte basta limitarsi al buon senso. Un buon riferimento è il Vocabolario di base degli italiani, un elenco di termini elaborato secondo criteri statistici. Esso rappresenta la porzione della lingua italiana usata e compresa dalla maggior parte degli italiani.
Quante parole conoscono gli italiani?
Il Vocabolario di Base è diviso in tre aree principali: i vocaboli di massima frequenza, i “fondamentali” che da soli coprono il 95% di ciò che diciamo e scriviamo; seguoni i vocaboli di “alto uso” che appaiono con grande frequenza negli scritti e nel parlato e, infine, i vocaboli di “alta disponibilità” che pur essendo pronunciati e scritti meno spesso, sono comunque noti a tutti perché si riferiscono a realtà quotidiane e a nozioni semplici. In tutto sono circa settemila parole e se vi prendete qualche minuto per curiosare in questo lungo elenco, vi accorgerete che ci sono degli assenti eccellenti, cioè parole che riteniamo di uso comune ma che in realtà sono sconosciute a molti italiani. Le parole non presenti nel vocabolario di base sono meno comprensibili per le persone poco scolarizzate e per quelle che leggono poco. Quindi, per essere sicuri che il testo sia compreso da tutti, si devono usare solo parole contenute in questo elenco e ricordarsi, quando si usa un termine non di base, di spiegarne il significato. Lo sappiamo: è una gran fatica, ma bisogna farlo.
Le aziende imparino
L’esempio fatto per il manifesto dell'Agenzia delle Entrate si riferisce alla Pubblica Amministrazione ma vale anche e soprattutto per le aziende. Nel caso dell’Agenzia, i contribuenti che non hanno compreso il messaggio avranno preferito andare dal commercialista, per la gioia della categoria. Nel caso di un’azienda, invece, un messaggio poco comprensibile sposta l’attenzione del potenziale cliente verso un'altra azienda che è riuscita a comunicare con più chiarezza lo stesso messaggio. La regola è sempre la stessa: le persone non hanno tempo per analizzare nel dettaglio ogni messaggio da cui sono raggiunte e quindi tendono a giudicare dai pochi elementi a disposizione. Quindi, se il messaggio è confuso, l'idea che si faranno è quella di un’azienda confusa.
Quanto vale una parola?
Definire con precisione quanto costi ad un’azienda questo tipo di errore non è facile. Di certo il primo danno tangibile e misurabile è la spesa inutile in tempo e denaro sostenuta per creare una comunicazione totalmente inefficace. Il secondo danno, invece, è il mancato guadagno di quelli che non avendo compreso il messaggio, rinunciano o si rivolgono altrove.
Qualche consiglio
Scrivere testi comprensibili non significa essere banali, ma tenere conto della capacità di comprensione dei destinatari della comunicazione. Quindi siate brevi, scrivete frasi semplici, usate le parole comuni della nostra lingua e una buona organizzazione logica del percorso di lettura. In questo modo vi assicurate comprensibilità, rispetto del lettore e ritorno economico.
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