2009-04-06

Scrivere per la pubblicità: l'attendibilità

Le stazioni di Matera
Uno spot radio di Trenitalia mandato in onda nei giorni di Natale, invitava gli italiani a prenotare in anticipo il biglietto del treno. “Magari per andare a trovare lo Zio Pietro a Matera”, sottolineava La Cosa, uno dei quattro Supereroi, protagonista dello spot. In effetti, per arrivare a Matera e incontrare il caro Zio Pietro, c’è realmente bisogno di un supereroe: le carrozze di Trenitalia, infatti, a Matera non arrivano. La splendida città dei sassi è insieme a Nuoro, l’unica che non è ancora collegata con la rete ferroviaria di Trenitalia. I vagoni di questa simpatica azienda italiana accompagnano i lucani fino ad un certo punto; poi un trenino locale cerca di portarli fino alla stazione di Matera. Ma, non sempre ci riesce, perché a volte si impalla su una salita con il 25% di pendenza. E resta lì, insieme ai viaggiatori speranzosi nell’intervento di un supereroe.

La sorella del copywriter
Alcuni dei consiglieri regionali lucani, di ogni schieramento politico, hanno invitato la sorella del copywriter “ad andare a Matera”, come ragionevole alternativa ad andare al più famoso “paese”. Insieme al copy, che lo spot lo ha scritto, ci hanno mandato anche Trenitalia, il committente. Molti degli addetti al settore (pubblicitari, copywriter, uomini di marketing) non hanno mandato la sorella del copy a quel paese, ma si sono lasciati andare a commenti tipo “avrebbe almeno dovuto dare una controllata”, “che gli costava verificare un attimo” se a Matera la stazione ci fosse realmente. C’è stata un po’ di malizia nei commenti, come l’alunno che ha scampato l’interrogazione e quando vede il compagno di banco alla lavagna, sogghigna, vantandosi di conoscere tutte le risposte.

Pubblicità ingannevole
In pratica, facendo affermazioni di questo tipo, gli addetti al settore hanno smentito buona parte della loro pratica quotidiana, affermando che la pubblicità deve rispecchiare la realtà. Per come la pensiamo, la stazione di Matera può anche non esistere ed essere un luogo immaginario; la scelta di questa città può giustificarsi per molti motivi, senza che necessariamente debba avere una stazione. La pubblicità non deve essere per forza ancorata alla realtà. Se fosse così, perderebbe la sua dimensione di sogno, di aspirazione ad un mondo più o meno irraggiungibile che la rende cosi potente e anche affascinante. Se volessimo vietare la pubblicità non ancorata alla realtà, oggi non esisterebbe l’atmosfera incantata della casa del Mulino Bianco, non potremmo dire che il dopobarba ti rende “l’uomo che non deve chiedere mai”, il detersivo non potrebbe “lavare più bianco”. Se la stazione a Matera non c'è e quindi non la possiamo nominare, vuol dire che tutta la pubblicità è ingannevole e il Garante dovrebbe lavorare di più.

Elogio del copy distratto
L’idea che sta dietro lo spot incriminato ci piace. Ci sono dei richiami simbolici importanti: Matera è una città che con le sue grotte-abitazioni scavate nella roccia richiama l’idea di presepe e di Natale. Inoltre, la Basilicata, come tutte le terre del sud, ha conosciuto e conosce l’emigrazione. “Andare a trovare zio Pietro, significa anche questo, ricongiungere legami spezzati per colpa della distanza e poterlo fare almeno una volta, almeno a Natale. L’idea non è cattiva, bisogna dirlo e giustifica pienamente la scelta della stazione di Matera come riferimento dello spot. Ma ci sono di mezzo diversi se.

Se
Se le ferrovie italiane funzionassero come si merita un paese civile; se le carrozze fossero pulite; se i treni arrivassero in orario; se quando si rompe una motrice i passeggeri non restassero 13 ore al freddo in attesa di sapere che fine faranno; se non ci fossero queste ed altre cose, questa sarebbe solo la storia di un copy che non ha fatto i compiti a casa. Ma non è così.

La maleducazione delle zecche
Non è così perché a rendere insostenibile questo banale errore di percorso, c’è il fatto che gli abitanti di Matera aspettano di avere una linea ferroviaria decente da almeno un secolo. E mentre l’Italia si prepara a smembrare la Val di Susa per realizzare l’alta velocità, ci sono intere zone del paese che si accontenterebbero di avere almeno una velocità normale. Poi ci sono i pendolari costretti a viaggiare su treni sporchi e sempre in ritardo. Poi ci quelli che prenotano in anticipo per andare a trovare Zio Pietro e molte volte non trovano il posto; a volte non trovano neanche il treno perché è stato occupato dalle zecche (che di solito non prenotano). Ci sono queste e tante altre cose che conoscete. L’errore nello spot, inquadrato in questo contesto, non è un semplice errore. Ha l’aria di una presa in giro, l’ennesima prova di un’azienda poco attenta ai suoi clienti.

Communicàre
Le aziende comunicano in ogni momento attraverso un articolato sistema di segnali di cui la pubblicità è solo una parte, neanche la più importante. Se prendiamo alla lettera la radice della parola comunicazione (communicàre) cioè rendere comune, di cosa ci sta rendendo partecipi Trenitalia? Il suo sito web ci omette che l’ultimo tratto ferroviario, quello che realmente conduce a Matera, non è di sua competenza; ci fa parlare con una centralinista di un call center che al centesimo reclamo giornaliero risponde in modo svogliato che “riferirà a chi di dovere”; ci ospita in carrozze con le zecche e i cui vetri non incontrano il detersivo da anni. Se comunicare per un’azienda significa condividere con i suoi utenti informazioni, allora significa che Trenitalia ci vuole rendere partecipi del fatto che è una pessima azienda. Quando si accumulano tanti elementi critici, ci sono solo due possibilità. Affidarsi ad un esperto di gestione della comunicazione in tempo di crisi o abbandonarsi ad un rigoroso silenzio. Che, a volte, è la forma più efficace di comunicazione.

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