Il mondo dei media e della pubblicità è in preda al panico da Internet
Con vero stupore
Egregio responsabile, Abbiamo appurato, con vero stupore, che utilizzando la parola chiave “xxxxxxx” su diversi motori di ricerca tra cui Google, appare, quale collegamento sponsorizzato, il percorso che conduce al vostro sito internet. Al fine di evitare indebita confusione tra i nostri marchi e le nostre Compagnie, lesiva anche in termini di concorrenza, Vi invitiamo a voler prontamente provvedere affinché nessun collegamento implicito od esplicito appaia sui motori di ricerca tra la nostra e la vostra compagnia. Cordiali saluti
La paura dei grandi
Abbiamo già raccontato di un’azienda di Napoli che si è presa una denuncia dalla Intel (si loro, quelli che obbligano a mettere un jingle ogni volta si parla di un PC) perché questa società ha nel nome aziendale la parola Inside. Adesso si è offesa un'altra multinazionale e questa volta la cosa ci riguarda molto da vicino. Mentre scriviamo questo articolo, un nostro cliente ci ha girato una raccomandata di diffida inviata da una grandissima compagnia assicurativa internazionale. Si sono incacchiati. Hanno scoperto che digitando il loro nome su Google, comparivano gli annunci (sponsorizzati) del nostro cliente. Il tono, come avete letto, è lievemente minaccioso anche se privo di qualsiasi consistenza. Ci è piaciuto che abbiano usato il maiuscolo per scrivere “le nostre Compagnie” e il minuscolo per indicare “la vostra compagnia”.
Tributo a Filippide
Questo è un classico esempio di web panic, che sembra stia avvolgendo il mondo dei media e della pubblicità. Tutti hanno paura di Internet, i giornali soprattutto, ma non solo loro. Molte aziende, anche potenti, sembrano incapaci di capire cosa stia accadendo; gli schemi consolidati a cui erano abituate stanno saltando. Per quel poco che ne sappiamo, possiamo consigliare di stare tranquilli, almeno ai media tradizionali. Nessun media sostituisce un altro. Non è mai successo nella storia della comunicazione che la nascita di un mezzo di comunicazione abbia decretato la fine di un altro. I media sono eterni: si evolvono ma non muoiono. L’unico medium che si è estinto è stato Filippide, il maratoneta che si fece 42 chilometri e 195 metri per portare da Maratona ad Atene, la notizia della vittoria dei greci sui persiani. Ebbe appena il tempo di gridare “abbiamo vinto” e poi morì. Magra consolazione sapere che grazie al suo sforzo è nata la maratona. Chi si ricorda ormai di questo eroico soldato-atleta greco?
In tutte le direzioni contemporaneamente
Le aziende, invece, devono stare un po’ meno tranquille. In una società industriale, le direzioni erano chiare e i ruoli assegnati. C’erano le grandi aziende di Stato che non avevano bisogno di fare pubblicità; c’erano le (poche) multinazionali italiane che potevano permettersi di investire e fare quello che volevano; e poi c’era la spina dorsale del sistema economico italiano: le piccole e medie imprese a dimensione locale. Le pretese a cui si poteva ambire erano chiare: pubblicità locale per le Pmi, pubblicità nazionale e internazionale per le grandi imprese. Grafici impreparati e pessime inserzioni sui giornali locali per le Pmi; grandi agenzie, televisione, giornali e riviste nazionali e internazionali per le grandi. Ora le direzioni non sono più così chiare: con la famosa globalizzazione può accadere che il mercato di riferimento di un produttore di mozzarelle di Aversa non sia più, come è sempre accaduto, solo la gente del quartiere ma attraverso un semplice sito web, tutti i buongustai sparsi in giro per il globo. E come è accaduto con il nostro cliente, una multinazionale ha paura di un piccolo. Non di una piccola compagnia, ma di una piccola rete di agenzie che in modo indiretto le sta portando via clienti per dirigerli verso la compagnia di cui ha il mandato. Può succedere anche questo: che sia la periferia a trainare il centro e i piccoli a far paura ai grandi. Con Internet tutto diventa possibile. Con pochi euro, un’azienda locale acquista una visibilità mondiale, mentre i grandi continuano ad annaspare intorno agli schemi pubblicitari classici. Philip Kotler, che di marketing se ne intende un pochino, ha scritto che esistono solo tre tipi di aziende: quelle che determinano gli eventi, quelle che assistono al loro manifestarsi, e infine quelle che quando gli eventi si sono manifestati si domandano cosa mai sia accaduto. Mentre i cambiamenti viaggiano al tempo dell’algoritmo nascosto di Google, in molte multinazionali si decide ancora in modo verticale, con il ragazzetto del marketing che prima di poter cambiare una parola chiave deve aspettare il via libera del dirigente 60enne che legge il Financial Times seduto sulla sua poltrona in pelle umana al 30° piano di un grattacielo.
Nessun commento:
Posta un commento